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15 dicembre 2011

Lettera al CROAS Lombardia sulla riforma degli Ordini Professionali

  1. A cosa si deve tale apparente caduta della tensione deontologica? A una carente sensibilità disposizionale dei colleghi, tutti con molta “esperienza” e provate “capacità”? Alla scarsa conoscenza del codice, che – ricordo – ha una mera valenza prescrittiva? Se nei due casi non sono stati resi visibili interventi di alcun tipo, ciò si deve non a una carenza deontologica, bensì a un deficit di competenze e quindi di strumenti che permettano di entrare nel merito di quanto, in assenza di strumenti teorico–prasseologici, viene considerato di pertinenza del medico, dell’infermiere e comunque viene assunto come un “dato di fatto”, una configurazione di realtà “naturale”, tanto che si usa il termine “contenzione” per riferirne la pratica a un assetto tecnico–oggettivante clinico, e che come sostiene Giovanna Del Giudice bisogna chiamare invece “legare le persone” perché collocato in definizioni e giustificazioni di mero senso comune. Ricordo che su questo aspetto, a dimostrazione di come non si tratti di qualcosa di meramente tecnico e procedurale, esista nel nostro paese un network “SPDC Porte aperte” (http://www.news-forumsalutementale.it/club-spdc-aperti-no-restraint/) che connette molte realtà operative tra cui Novara, Trento, Udine, Trieste, Merano, Genova, Mantova, Livorno, Grosseto Lucca, Arezzo,Roma E, Rieti, Aversa, Caltagirone che non legano gli utenti e sono open door. Sono necessarie competenze per gestire tali criticità per esempio nel rapporto con i colleghi e nella matrice organizzativa, altrimenti si è carne da cannone. Si pone la domanda di come mai in ambito di salute mentale non sia praticato il consenso informato, laddove si impiegano farmaci che possono produrre gravi effetti collaterali? Se l’assistente sociale non è una figura ancillare adagiata nel mero modello medico, ma portatore di saperi “altri” da quelli “sanitari” e così essere rilevante e quindi utile, non può delegare tutta una serie di criticità legate alla diagnosi psichiatrica acquisendo supinamente una sua “verità” sostanziale: se è vero che, come recita il codice deontologico, «L’assistente sociale intrattiene con i colleghi e con gli altri professionisti con i quali collabora rapporti improntati a correttezza, lealtà e spirito di collaborazione. L’assistente sociale si adopera per la soluzione di possibili contrasti nell’interesse dell’utente, del cliente e della comunità professionale» e che «L’assistente sociale che venga a conoscenza di fatti, condizioni o comportamenti di colleghi o di altri professionisti, che possano arrecare grave danno a utenti o clienti, ha l’obbligo di segnalare la situazione all’Ordine o Collegio professionale competente», non è possibile non interrogarsi sui fondamenti scientifici delle etichette diagnostiche generate in virtù del DSM IV e di come queste piuttosto che orientare la “cura” (ma si è in presenza di mere sindromi e non di malattie: di quale cura si parla?) generino carriere devianti quali quella del “malato mentale” e magari anche “pazzo–criminale” (siamo ancora Lombrosiani). Stigma e carriera morale che poi il servizio sociale è chiamato a contrastare e a cui porre rimedio;
  2. evidentemente le competenze che permettano di fondare quanto viene detto e fatto su basi scientificamente fondate e rendicontabili (prassi) – e quindi di contrastare quanto viene invece fatto sulla base del senso comune (pratica) in psichiatria, ma anche in altri contesti: si pensi alle persone anziane legate nelle RSA – devono essere rese disponibili sia in ambito universitario, sia nella formazione continua, per cui la strategia corretta per rispondere alle criticità evidenziate nei testi non è specificamente la corroborazione degli aspetti deontologici, quanto quella degli aspetti teorico–prasseologici. E ciò può essere fatto solo con la formazione, ridefinendo alcuni aspetti di quella rivolta a chi intenda collocarsi nel ruolo (corsi universitari) e di chi opera sul campo e deve continuamente ricollocarsi nel ruolo (formazione continua).
Luigi Colaianni
Responsabile interventi sociali Dipartimento Salute Mentale Fondazione Policlinico – Milano;
docente a contratto di materie sociologiche presso il cdl in servizio sociale UNIPD;
formatore accreditato presso il CNOAS.
Creation date : 2012-01-13 - Last updated : 2021-02-09

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