Alzheimer: il processo di accettazione della malattia
Ogni componente della famiglia in cui si trova un malato di Alzheimer si ritrova ad elaborare le varie fasi del dolore facendo leva sulle proprie capacità di adattamento alla situazione e sulle personale capacità di accettazione della separazione e del lutto che tale malattia comporta.
Il percorso psicologico per accettare la malattia è simile a quello di chi vive una situazione di lutto: le reazioni che caratterizzano l’elaborazione di un lutto costituiscono un percorso doloroso caratterizzato da alcuni comportamenti specifici:
La Negazione
I familiari rifiutano di credere che sia vero ciò che sta accadendo al malato e quindi anche a loro. Il pensiero che li accompagna è: "si saranno sbagliati i medici, forse si tratta di una cosa passeggera".
Questo atteggiamento spinge i familiari a ricercare una nuova diagnosi, a cercare dei farmaci innovativi, a cercare dei servizi riabilitativi adeguati o, quel che è peggio, a chiedere al proprio caro di tornare come era prima.
Questi sentimenti possono durare per un periodo più o meno lungo a seconda delle risorse del familiare e del sostegno che gli viene offerto.
L’iperattivismo
Superato il momento dell’incredulità, il familiare tende a sostituirsi al malato e alle sue difficoltà: in lui è forte l’ansia del futuro placata dalla necessità di fare per non pensare.
Agendo in questo modo il familiare evita di mostrare a se stesso e agli altri i deficit del malato facendo trasparire che la situazione è sotto controllo: questo comportamento oltre ad affaticare il familiare porta il malato a perdere ancor prima le capacità residue e ad isolarsi dalle relazioni sociali.
La collera
La frustrazione che deriva dal costante investimento di energie che non vanno a buon fine è spesso cocente delusione che a sua volta produce irritazione, nervosismo e rabbia.
La rabbia spesso non contenuta si orienta su chi non ne può nulla o non è la causa diretta: verso il malato, per esempio, che ne combina di tutti i colori, senza farlo a posta ma solo a causa della sua malattia; verso chi si affianca nella cura che riesce ad essere più tranquillo, perché sta meno tempo con il malato ed ha più energie disponibili.
Il senso di colpa
La rabbia che nasce alle volte dal senso di frustrazione può provocare sensi di colpa per quello che si è detto o fatto, perché in fondo si ama il proprio caro o perché si è riconoscenti con chi ci sta aiutando.
Quanto più sono numerose le occasioni che alimentano l’irritazione tanto più aumentano i sensi di colpa e quindi la sofferenza psicologica del familiare.
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