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Il caso nigeriano: dalla tratta alla prostituzione

Una massiccia presenza di prostitute nigeriane sulle strade di Genova si può stimare a partire dal 1993. Da allora sono rimasti costanti i flussi migratori che, dalla Nigeria, hanno contribuito ad alimentare il mercato della prostituzione da tratta.
L’organizzazione della rete criminale e del racket nigeriano presenta caratteristiche particolari sia nei modelli coercitivi usati per costringere le ragazze a prostituirsi, sia per le forme di reclutamento e per le figure che ruotano attorno alla tratta. E’ infatti possibile delineare tre livelli organizzativi (Abbatecola, 2005: p. 69) il reclutamento che avviene attraverso la figura dello sponsor, la tratta vera e propria che avviene attraverso i mediatori e infine lo sfruttamento da parte delle maman.

Lo sponsor è il primo investitore, colui (o colei) che recluta le ragazze spesso dai villaggi rurali e dalle aree più povere del Paese o nelle bidonville di Lagos o Benin City, si offre di sostenere le spese del viaggio in Europa, illudendo le ragazze di trovare un impiego e un miglior stile di vita. Lo sponsor può essere un conoscente o un amico di famiglia, comunque una persona degna della fiducia della famiglia della ragazza. Questa figura ha una funzione di "ponte" tra l’organizzazione locale nigeriana e la rete di sfruttamento nigeriana in Italia.
Nel corso degli anni sono mutate sia le rotte sia i criteri di scelta delle ragazze. Mentre prima si preferivano donne più grandi e istruite, ora si scelgono ragazze più giovani e fragili.

«La leva principale sulla quale gli "sponsor" agiscono per invogliare le ragazze a partire è la fuga da una situazione economicamente precaria e la prospettiva di guadagni tali da permettere stili di vita preclusi nel paese d’origine non solo per se stesse, ma anche per la famiglia, generalmente numerosa e indigente». (Abbatecola, 2005: p. 69)

Le ragazze spesso pensano che, una volta giunte in Italia, avranno l’occasione di studiare o lavorare per migliorare le condizioni economiche proprie e della famiglia rimasta in Nigeria ma, attualmente circa il 70% (Monzini, 2002: p.73) di loro sanno già dal Paese di origine che si dovranno prostituire anche se non sono consapevoli del modo in cui eserciteranno la prostituzione né delle condizioni cui saranno soggette.

Prima della partenza, il racket nigeriano usa la strategia del contratto, ovvero un vero e proprio atto da sottoscrivere che impegna ragazze e famiglie alla restituzione del denaro anticipato per il viaggio e per la sistemazione in Italia. Spesso viene richiesta una garanzia, case o terreni, che la famiglia impegna, ma quando questa non possiede niente, la rete criminale utilizza dei riti magici, i giugiù (quelli che noi conosciamo come woodoo) che prevedono il giuramento da parte della giovane.

«Peraltro, le diverse forme di coercizione messe in atto dal racket nigeriano sono sempre intrise di elementi animistici e magici fondati anche sull’onore, che svolgono un’azione coercitiva forse anche più potente rispetto al ricatto o alle minacce» (Abbatecola, 2005: p. 74)

E’ quindi il "debito" lo strumento coercitivo utilizzato dalle reti nigeriane. Quasi sempre la ragazza conosce l’ammontare del suo debito, ma a volte non sa che alla cifra stabilita saranno aggiunti i costi di vitto e alloggio, e addirittura, la spesa che dovrà sostenere ogni mese per il joint, ovvero la porzione di marciapiede su cui dovrà lavorare.

Come è stato detto in precedenza, nel tempo non sono mutati solamente i criteri selettivi ma anche le modalità di viaggio. Infatti, mentre nei primi anni migratori le ragazze venivano imbarcate su voli aerei dal loro Paese per arrivare direttamente in Italia, fornite di permessi e visti turistici ottenuti attraverso forme corruttive delle ambasciate, in seguito il loro viaggio è diventato estremamente più complesso, fatto di numerose tappe e di grosse difficoltà. Spesso alcune tratte dell’Africa vengono percorse a piedi e l’arrivo a destinazione può seguire anche di diversi mesi la data della partenza.
Durante il viaggio le ragazze sono solitamente accompagnate dai trafficanti che lavorano in stretta collaborazione con le maman e con gli sponsor.

La sostanziale differenza tra la tratta delle nigeriane e quella delle donne dell’Est o dei Balcani sta nel fatto che nel primo caso:
«difficilmente il viaggio si traduce in una fase di iniziazione violenta definita da botte, abusi sessuali e paura...» (Abbatecola, 2005: p. 81-82)
Questo proprio perché le tattiche di questa particolare rete prevedono un clima di "fiducia" tra le ragazze e i loro sfruttatori, soprattutto per evitare fughe e denunce.

Una volta arrivate in Italia, le ragazze vengono consegnate alla maman che le priva dei documenti e degli effetti personali. Offre loro un posto in cui vivere (posto che dovranno pagare), una sorta di preparazione al lavoro che dovranno svolgere oltre ad adoperarsi a subordinare le ragazze anche attraverso rituali magici affinché il loro grado di soggezione sia sufficiente ad assicurarsi la loro obbedienza.

La maman, spesso è stata a sua volta prostituta e dopo essersi riscattata dal debito ha iniziato la "carriera" di sfruttatrice controllando il lavoro di piccoli gruppi di ragazze (massimo cinque), che consegnano a lei tutti i guadagni fino all’estinzione del debito, dopodiché riacquistano la propria libertà personale.

«La madame è una figura emblematica, complessa, ambivalente, che non può essere riduttivamente identificata semplicemente come la sfruttatrice...
...Potremmo definirla una sorta di "matrigna", una vice-madre carica di cattive intenzioni, ma al tempo stesso presente nell’organizzazione della gestione del quotidiano e nella risoluzione dei problemi pratici di diversa natura»
(Abbatecola, 2005: p. 83)

Inoltre, occorre anche tenere presente che in Nigeria la prostituzione non è considerata in senso negativo come nel nostro Paese, infatti una donna che grazie a questo mestiere diventa ricca è ritenuta una persona capace e di un certo valore. Le ragazze stimano la maman perché è stata in grado di migliorare le condizioni della sua vita e dei suoi familiari e la considerano un modello da imitare. (Abbatecola, 2005: p. 85)

Nel caso in cui l’inganno sia stato più accentuato e quindi la ragazza si ribelli al destino che la maman ha preparato per lei cercando di fuggire o rifiutandosi di obbedire, allora la sfruttatrice non esiterà a usare violenza e minacce o organizzerà ritorsioni verso la famiglia della giovane. In questi casi cresce il rischio della fuga e della denuncia, e proprio per evitare ciò, il racket nigeriano tende sempre più ad informare le giovani reclute rispetto al lavoro che dovranno fare in Italia.

Nonostante le ragazze sappiano che una volta giunte a destinazione dovranno prostituirsi esse non hanno una piena consapevolezza della reale entità del debito rapportata al costo della vita in Italia. (Abbatecola, 2005: p. 86)

Un elemento che spicca tra le differenze tra racket nigeriano e reti criminali di altre nazionalità è che a capo delle organizzazioni africane vi sono sempre donne mentre gli uomini hanno un ruolo più marginale nello sfruttamento della prostituzione (infatti sono spesso impegnati nel narco-traffico) mentre i racket albanesi ad esempio vedono al loro vertice esclusivamente individui di sesso maschile.
Inoltre la rete nigeriana prevede la liberazione della ragazza una volta pagato il debito mentre le reti di altri Paesi non prevedono alcuna liberazione.

Per quanto riguarda invece le reti dello sfruttamento che coinvolgono ragazze albanesi o provenienti dai Paesi dell’Est Europeo, l’organizzazione e le modalità in cui si concretizza il fenomeno della tratta, presentano molteplici differenze rispetto a quanto osservato in merito al racket nigeriano.

Se prendiamo in analisi il sistema albanese notiamo come questo si sia evoluto negli anni fino ad assumere un aspetto "imprenditoriale". (Abbatecola, 2005: p. 105)


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IL FENOMENO DELLA TRATTA - Estratto dalla tesi di Laurea

A cura di:
Serena Giusquiami
Creation date : 2007-01-14 - Last updated : 2010-01-31

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