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Esperienze di attraversamento

Il tempo della crescita è, per sua stessa natura, scandito da attraversamenti. Passare da una condizione infantile ad una condizione adolescenziale porta con sé una serie di cambiamenti, relativi alla percezione di sé, al modo di muoversi nella realtà, non più chiuso entro spazi prestabiliti (la casa, la scuola, i giardinetti) ma aperto a nuovi ambiti di autonomia, alla possibilità di sentirsi collocati entro lo spazio pubblico della città, con le sue innumerevoli potenzialità e le sue insidie.

Per i ragazzi immigrati di seconda generazione il passaggio della crescita è uno dei numerosi "attraversamenti" che caratterizzano in maniera marcata la giovane vita, cui si aggiunge l’esperienza del viaggio, per chi ricorda il paese d’origine con i suoi colori, i suoi affetti, la casa, la scuola, uno stile di vita magari edulcorato dal ricordo e dai racconti dei genitori oppure segnato dalla fuga e dalla paura per una condizione di pericolo, di guerra; l’esperienza della differenza, percepita e resa visibile quando si esce da una condizione infantile e il gruppo dei pari sottolinea e rimarca le origini "straniere" di chi è nato e vissuto in Italia ma si caratterizza per tratti somatici differenti, inusuali; l’esperienza del contrasto, tra la propria famiglia, la comunità etnica e religiosa con le sue tradizioni e il suo modo di vivere e la società italiana, rappresentata dalla città con le sue regole scritte e non scritte. Per tutti questi motivi attraversare la città significa, a maggior ragione per questi soggetti, aprirsi ad un’esperienza di crescita, di consapevolezza che si rende fondamentale e necessaria.

Per i ragazzi nati altrove, passare ad una nuova fase della vita coincide con l’abbandono del paese d’origine e aprirsi alla città ha il significato di entrare in relazione con un mondo nuovo, in maniera drastica e non graduale, per alcuni traumatica. L’esperienza del viaggio ha sovvertito la loro vita e si è impressa indelebile nella memoria, molti descrivono con chiarezza di dettagli un momento, un luogo, una sensazione precisa che ha caratterizzato il passaggio ad una nuova vita. "La vita di ogni persona è dominata da un evento centrale che configura e distorce tutto ciò che viene dopo e, in una visione retrospettiva, tutto ciò che era avvenuto prima. Per me fu l’andare a vivere negli Stati Uniti, a quattordici anni. Un’età difficile per cambiare paese. Non hai ancora finito di crescere nel posto in cui sei e nel posto in cui vai non ti senti mai a tuo agio. Io non sapevo nulla degli Stati Uniti, non ci ero mai stato. [...] Nel giro di ventiquattr’ore io passai dalla fanciullezza all’età adulta, dall’innocenza alla conoscenza, dalla predestinazione al caos. Tutto ciò che mi è capitato da allora, ogni atto, minuscolo o enorme - il modo in cui adopero la forchetta o faccio l’amore, la scelta di una professione e di una moglie, è dipeso da quell’evento centrale, quel fulcro del tempo" (Metha S., 2006, p. 8).

Metha racconta l’evento centrale della sua esistenza, l’esperienza della migrazione, il passaggio da una condizione di vita ad un’altra, completamente diversa. Lo sradicamento, l’essere "gettati" nel breve tempo del viaggio in una realtà nuova nella quale si ipotizza di restare almeno per alcuni anni, è un’esperienza che segna fortemente il migrante ed in particolare segna l’adolescente, che vive già dentro di sé l’ambiguità di questa fase della crescita. Molti ragazzi descrivono le sensazioni di disagio e spaesamento, quando non proprio di dolore e sconcerto, provate durante il viaggio. Sono tratti scolpiti nella memoria: il giorno, l’ora, le sensazioni, le luci, i colori, il clima così come le immagini della città sconosciuta, di una scuola e di una classe nuove, di una casa o di un "campo profughi". Immagini indelebili, che vengono richiamate alla memoria attraverso dettagli precisi: lo sguardo della maestra, il primo giorno nella nuova scuola, la casa, piccola rispetto a quella lasciata, il senso di spaesamento dei propri genitori, una lingua mai sentita prima o in casi più drammatici, l’esperienza del centro di detenzione temporanea, il contatto con i servizi sociali.

Talvolta il ricordo del viaggio non è solo ricordo di una partenza e di un arrivo nell’ignoto, ma è anche il racconto di un’esperienza lunga di privazione di un luogo, della dignità, della propria umanità, come per quei ragazzi che passano attraverso l’extraterritorialità dei campi profughi.



A cura di:
Anna Granata
Elena Granata

Articolo già pubblicato su Animazione Sociale n.11, Novembre 2007

Creation date : 2008-03-15 - Last updated : 2010-01-31

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