Nascita e sviluppo dello "Stato del benessere"
Va ricordato che un momento di notevole rilevanza fu la nascita (1942) del concetto di "Welfare State" o "stato del benessere" legato ad un autorevole esponente del liberalismo anglosassone, l’economista Sr W.H. Beveridge: con l’introduzione del Welfare State come sistema di governo della domanda di salute. Si delineò una nuova forma di azione dello Stato che, sotto forma di Stato sociale, si prendeva cura dell’individuo giacché partecipe della comunità. Il Welfare State si contraddistingue per una rilevante presenza pubblica in importanti settori quali la previdenza e l’assistenza sociale, l’assistenza sanitaria, l’istruzione e l’edilizia popolare; e tale presenza si accompagna generalmente a un atteggiamento interventistico e dirigistico nella vita economica, sia a livello legislativo, sia attraverso la pianificazione e la programmazione economica, sia attraverso imprese pubbliche.
Là dove adottato questo modello di Stato ha contribuito con assoluta evidenza a migliorare le condizioni di vita dei Cittadini e, unitamente al miglioramento delle condizioni economiche, a generare quei fenomeni di benessere diffuso (esprimibili anche sulla base di una minor mortalità) che hanno caratterizzato la seconda metà del ’900.
Purtroppo in molti casi, e specialmente in quello italiano, lo Stato Sociale ha spesso assunto le coloriture dello Stato Assistenziale, ponendo se stesso quale interprete arbitrario delle esigenze dei cittadini e divenendo un arbitrario, inefficiente, inefficace erogatore di servizi spesso incongrui o del tutto inappropriati.
Si è così andato perdendo nel tempo il giusto concetto di Stato Sociale (e quello ad esso strettamente connesso di Welfare State) sino a far vedere nello Stato non già un suscitatore, un promotore, un tutelatore d’interessi, anche parziali, individuali, soggettivi (com’è nello spirito dello Stato sociale) bensì un affossatore di libertà ed individualità.
Tant’è che oggi al termine "Welfare State" va subentrando quello di "Welfare community": la Comunità diventa responsabile del proprio benessere ed in quest’opera finalizzata alla salute, all’impegno statale va ad affiancarsi quello dei Cittadini che restano i primi protagonisti, sia agendo come individui sia come gruppi.
La comunità non si limita quindi ad esprimere un bisogno che troverà risposta nell’azione dello Stato: partecipa responsabilmente al processo di quest’ultimo.
Si realizza così la transizione da un modello prevalentemente competitivo, ispirato alle logiche, pur adattate, di un’economia di mercato ad un modello collaborativo ispirato alle logiche della partecipazione e della comune responsabilizzazione.
Dalla metà degli anni 1960 si è cominciato a parlare di "Stato assistenziale", come degenerazione dello "Stato sociale", per indicare la crisi profonda di tale modello nella generalità dei paesi in cui è stato adottato.
Tale fallimento è il logico e inevitabile esito di un sistema sociale-politico-economico edificato sulla base di una visione distorta dei compiti dello Stato in ordine al bene comune, a sua volta frutto di una visione antropologica e sociologica erronea.
Come afferma Papa Giovanni Paolo II° in una sua enciclica "disfunzioni e difetti nello Stato assistenziale derivano da un’inadeguata comprensione dei compiti propri dello Stato. Anche in questo campo deve essere rispettato il "principio di sussidiarietà": una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità e aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune".(Enciclica Centesimus annus, del 1991, al n. 48)
- Introduzione
- Contesto storico di riferimento
- Nascita e sviluppo dello "Stato del benessere"
- La tradizione volontaria
- Il volontariato: una nuova area culturale
- Il terzo settore
- La Composizione del Terzo settore in Italia: Tipologia delle organizzazioni.
- Il confronto
- Spunti di riflessione
- Bibliografia